Bohemian Rapsody di periferia




Ci sono le buste di monnezza di chi non crede al futuro. Di quelli che pensano che chissà dov’è la Terra dei Fuochi, che Gomorra è un film, e la Banda della Magliana una serie e ”che pure mi cugino conosceva uno che una volta aveva giocato a stecca cor Freddo”. Lontano dai pasti con i sommelier che risputano nelle ciotole nettari da estasi, come mio nonno risputava a terra il suo rosso al primo sorso per ringraziare Dioniso dell’annata. Qui c’è un brik vuoto di Tavernello, vetri di birra dei muratori rumeni, tanti pacchetti vuoti di Winston e Camel di chi si ingozza di nicotina per mandar giù tutto, e se ne fotte di come finirà lui e il mondo.
Sotto questo bellissimo cielo che avvolge sterminati campi di erbacce incolte, punteggiati da carte rilucenti e zozze, biglietti grattati a sperar inutilmente in fortune salvifiche come ci ha insegnato la TV. Reti arrugginite sotto le quali qualcuno ha piantato un geranio che non voleva più. O che magari gli aveva regalato qualcuno che non sopportava. Sì, una donna sicuro, che non voleva uccidere la pianta, ma odiava l’amica che gliel’aveva regalata, o l’uomo che l’aveva tradita e poi con quel geranio aveva chiesto perdono.
A camminare nella ciclabile sentendo il grido disperato “Mama” di Bohemian Rapsody nel nulla assoluto, sui ponti che fanno da tetto a disperati, c’è da aver paura, ma solo se non hai  fiducia nell’uomo, in quell’urlo comune, “Mama UhUhUh”. L’urlo di chi ha coscienza della morte. Per molti è solo una bella hit vintage, ma non qui.  Dove i figli vanno alla scuola con le maestre topo, come ne “Lo Schiaccianoci”, quelle che erodono gli angeli biondi spremendo la purezza come un fastidioso brufolo di cui far presto a meno.  Una vista scrostata di abbandono infernale, un tritacarne dell’amore innocente,  mediata almeno dal profumo del buon pane di Dio del vicino forno.
E se nelle costruzioni umane arcigni volti si chiudono dietro le casse, o cupi gobbi sono incatenati alle macchinette del video poker, nel disordinato e ribelle verde della ciclabile si incontrano sintomi di resurrezione. Giovani con cani di razze innocue che fanno una pausa da studi che ci miglioreranno tutti, uomini che corrono goffamente per sentirsi più forti, coppie di vecchietti a passi unisoni. Poi donne, che scappano da qualcosa. Quelle ti salutano sempre. Anche loro sanno che sei una che ha cacciato il grido “Mama UhUhUh” come Freddie. 
L’attaccapanni di Mondo Convenienza si staglia contro la pineta , ma solo per un giorno. Corvi come ne “Gli uccelli” si fanno minacciosi cacciando i gatti cui era destinato un budello lasciato nel polistirolo da una zitella irrisolta. Un cane vecchio, gonfio come un dirigibile, trotterella sulle zampe a stecchetta che paiono disegnate da una bimba. Infine, sulla lamiera e l’eternit le sgrammaticate poesie d’amore. Per quelli che Facebook non gli basta. Tipo me.
Non è un caso che la mia scrittura e i miei passi siano finiti in questa Roma di cui nessuno ha visto ancora la bellezza.

Commenti